Clicks&Pops

Il disco in vinile, come lo conosciamo oggi, è stato introdotto nel 1948 dalla Columbia Records negli Stati Uniti come evoluzione del precedente disco a 78 giri, dalle caratteristiche simili, realizzato in gommalacca.

Il vinile è stato il supporto più longevo e il più diffuso per l’ascolto della musica, almeno fino all’inizio degli anni ‘70, quando hanno iniziato a prendere piede le musicassette. La loro diffusione ha messo in crisi il vinile per tutta una serie di ovvi motivi: la musicassetta risultava decisamente più pratica, poteva contenere un maggior numero di brani musicali, consentiva una maggiore facilità di utilizzo e, soprattutto, poteva essere registrata e riutilizzata più volte a prezzi irrisori. Nel 1979 la Sony ha lanciato il Walkman, che con l’uso delle cuffie consentiva l’ascolto ovunque e la musicassetta è diventata un supporto ancor più popolare, soprattutto tra i giovani. Quando poi agli inizi degli anni ’80 è comparso il Compact Disc (CD), la musicassetta non ne ha risentito più di tanto, continuando ad offrire una facilità ed economicità nella registrazione domestica che il CD al suo avvio non poteva ancora consentire. Il CD invece ha inferto al caro e vecchio vinile un colpo quasi mortale, tanto che la produzione degli LP su larga scala è crollata nell’arco di qualche anno ed è praticamente cessata all’inizio degli anni ’90.

A partire dalla fine degli anni ‘90, l’avvento di internet e del digitale ha cambiato il modo di fruire la musica e rivoluzionato il mercato musicale nel giro di pochi anni.

Le nuove tecnologie, oltre a introdurre lettori digitali e memorie di massa, hanno consentito di comprimere la musica in file audio e reso possibile il suo trasferimento via web, liberandola definitivamente dal suo supporto fisico. Nel giro di un decennio, la modalità di fruizione della musica è completamente cambiata, dai programmi di condivisione open source come Napster e eMule (che bypassano il diritto di autore), al lancio di piattaforme di streaming musicale come Spotify, che dietro pubblicità o a pagamento consentono di accedere ovunque ed istantaneamente a cataloghi di brani praticamente illimitati.

Complice anche la massiccia diffusione degli smartphone, il mercato della musica oggi fa sempre più affidamento sullo streaming musicale, che ad oggi vale circa l’80% dell’intero mercato discografico. E il vinile? Non pervenuto, direte voi. Tutt’altro, invece. Mentre le vendite di CD sono in forte declino, il vinile è in costante ascesa, con un valore negli USA di quasi 500 milioni di dollari, un dato che non si vedeva dal 1988. Nonostante si tratti di una piccola nicchia rispetto all’intero mercato (il 5% circa), il vinile ha quasi raggiunto il CD nelle vendite e, se il trend si conferma, già dal prossimo anno potremmo assistere ad uno storico (contro)sorpasso. In Italia i vinili valgono solo il 3,6% del mercato musicale, ma sono in discreta ripresa. La fetta principale dei consumatori è costituita dai Millennials e dalla Generazione Z (fonte FIMI), alla ricerca perlopiù degli album che hanno fatto la storia del rock e del pop internazionale.

La storia del vinile è una storia di immagini.

Le copertine degli LP sono un archivio sterminato che attraversa mezzo secolo della storia recente e che ha segnato l’immaginario collettivo in maniera indelebile, veicolando e a volte addirittura anticipando mode, stili e costumi.

Ha senso ascoltare la musica in vinile oggi? Da un punto di vista pratico assolutamente no. Il vinile è un supporto piuttosto scomodo, delicato e relativamente costoso, che oltretutto, per suonare bene, richiede un impianto di buon livello. Certo, il vinile vanta molti collezionisti e può essere un investimento, a patto però di intendersene un po’ e dedicare alla ricerca tempo e risorse (consiglio vivamente la visione del film Vinylmania – Quando la vita corre a 33 giri di Paolo Campana, lo trovate anche su youtube).

Rimangono i nostalgici, che amano il vinile semplicemente perché è legato a ricordi indelebili che non vogliono barattare con la modernità. Sono tipi decisamente strani, quando fanno suonare i loro LP sanno esattamente a che punto del brano arriva quel particolare “clicchettio” o quello “schiocco”, che è lì da sempre, incastrato nel solco del disco come un fossile, e gli sta bene così. E poi ci sono quelli che non sono del tutto a loro agio in mondo che è diventato troppo liquido, dove per rimanere a galla devi sempre nuotare, oppure fare il morto e che ogni tanto, per tirare il fiato, hanno bisogno di qualcosa di solido a cui aggrapparsi. Quindi ha senso ascoltare la musica in vinile oggi? Per alcuni decisamente sì. Magari si tratta di una minoranza, ma è una minoranza in crescita e piuttosto rumorosa.