Quella pizza di liquirizia è la cosa più dolce che il cinema si potesse augurare

Delusione agli Oscar per Licorice Pizza il magnifico film di Paul Thomas Anderson

Andrea FioravantiBy Andrea Fioravanti|In Vedere|16 Minuti

Una premiazione prevedibile e fiacca.
La serata degli Oscar è andata secondo copione. Nella notte tra domenica 27 e lunedì 28 marzo la 94ª cerimonia di premiazione degli Oscar, assegnati in base al voto di circa diecimila addetti ai lavori del cinema che fanno parte dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, non ha
rilevato sussulti di sorta, a parte l’ormai celeberrimo ceffone di Will Smith rifilato a Chris Rock, a metà strada tra consistenza e gag.

La cerimonia arrivata dopo un altro anno strano e difficile per il cinema, sembra essere davvero lo specchio dell’attuale situazione cinematografica mondiale: gli Oscar così come i film sono sempre meno rilevanti e senz’altro sono sempre meno seguiti.

Tant’è che è bastata una folle campagna promozionale di comunicazione degli uffici stampa del film CODA (“Child of Deaf Adults” figlia, o figlio, di persone sorde) per farla essere tra i favoriti prima e risultare vincente poi. CODA in Italia tradotto con CODA – I segni del cuore è addirittura
un remake, ovvero il rifacimento statunitense del film francese La famiglia Bélier, che ha per protagonista una ragazza con la passione per il canto che è l’unico membro udente di una famiglia sorda. Film solido, semplice e di buoni sentimenti, opera che aveva tutto per vincere ed infatti ha vinto.
Una vittoria arrivata sui ben più importanti Il potere del cane e Licorice Pizza (di cui diremo più analiticamente sotto). Il potere del cane (disponibile su Netflix dal dicembre 2021) è un western crepuscolare e doloroso diretto con mano solida da Jane Campion a cui infatti è andato l’Oscar alla regia, come ampiamente previsto. Anche Belfast, film in bianco e nero di Kenneth Branagh, che parla della sua infanzia nella capitale nordirlandese, era in corsa per l’Oscar principale, ma come per Il potere del cane, anche Belfast è stato indirizzato verso un premio laterale seppure molto importante. Se alla Campion è toccato il premio alla regia, Branagh ha avuto il premio come migliore sceneggiatura originale. Telefonati i premi per gli attori. L’Oscar per il miglior attore protagonista è andato a Will Smith, che in Una famiglia vincente – King Richard è l’inflessibile padre delle sorelle tenniste Venus e Serena Williams. Si tratta del suo primo Oscar, dopo le nomination ricevute, sempre come miglior attore protagonista, per Alì e La ricerca della felicità, in particolare non deve essergli andata giù la mancata statuetta per l’interpretazione vita di Muhammad Ali, ex campione del mondo dei pesi massimi, cosa questa che non ha mancato di ricordare con il già citato cazzotto rifilato a Chris Rock (che per inciso non ne merita mai pochi, essendo una faccia da schiaffi come è raro vedere). Era un’autostrada senza intoppi invece la candidatura per l’Oscar alla miglior attrice protagonista: partita in testa al gruppo delle cinque Jessica Chastain, protagonista di Gli occhi di Tammy Faye, è arrivata alla meta senza nessun
intoppo. Anche qui troppo semplice e troppo banale l’Oscar, il film non è certo un capolavoro riconosciuto ma, come nel caso di Will Smith, sembra più un premio alla solida carriera della nostra amata Jessica, piuttosto che il tributo riconosciuto all’interpretazione nel film.
E Licorice Pizza?
Nessun premio. Ma quello glielo diamo noi raccontandovi tutti i segreti del film.

Licorice Pizza, ovvero il Cinema. Sole della California, corse a perdifiato, ragazzi che si innamorano, emozioni a non finire… in una sola parola: Cinema, con la maiuscola.

A quattro anni da Il filo nascosto, opera che aveva incantato il mondo con la definitiva e toccante interpretazione di Daniel Day Lewis, l’ultimo film di Paul
Thomas Anderson, Licorice Pizza è ancora la storia di una relazione complessa tra uomo e donna.
Cambiano due cose fondamentali: contesto ed età dei protagonisti. Non più la Londra domestica e formale del Dopoguerra, ma la Los Angeles libera e solare degli anni Settanta. Il regista racconta l’estate del 1973, stagione in cui Gary Valentine, quindicenne con alle spalle una carriera da attore- bambino, incontra Alana Kane, venticinquenne in cerca di indipendenza. La ragazza sembra spegnere sul nascere le richieste romantiche del ragazzo, ma inizia a frequentarlo ed intesse con lui una relazione di amicizia ed affari. I due si legano in uno strano rapporto, qualcosa di non codificabile ma che Paul Thomas Anderson riesce a descrivere con una levità unica. Gary ed Alana sono attratti l’uno dall’altro ma spesso bisticciano, si perdono di vista e poi si ritrovano; mettono in piedi tante imprese, sognano futuri gloriosi, insieme, ma non per forza uniti. Sullo sfondo la vitalità e il colore di quegli anni: il cinema della Free Hollywood, la moda dei materassi ad acqua, la crisi
del petrolio con le auto in coda alle pompe di benzina e la tragica campagna elettorale di Joel Wachs per la poltrona di sindaco.

Un’opera libera, fresca, solare e che, come i suoi protagonisti, si perde, accelera, si ritrova.

Un film che sceglie la narrazione episodica, quasi occasionale ma che risulta compattissimo. Stiamo parlando di un regista che fa storia a sé, con più di una qualità, tra le quali il rarissimo talento di trasmettere le emozioni più assurde, che poi sappiamo riconoscere come
nostre nei suoi film. In particolare c’è quel cinema che solo i grandissimi sanno realizzare. Paul Thomas Anderson, con lui Quentin Tarantino, è uno dei pochi registi americani che negli ultimi 20 anni ha saputo creare un vero e proprio immaginario cinematografico attraverso la propria poetica, a volte grave e austera come ne Il pretroliere, The Masters e Il filo nascosto, in altre occasioni più libera ed aperta come in Boogie Nights, Ubriaco d’amore o Vizio di forma, questi ultimi tre non a caso collocati in quella orizzontale e luminosa Los Angeles da cui il regista proviene e a cui è legato visceralmente. Licorice Pizza è probabilmente il film più personale di Paul Thomas Anderson, nonostante non sia direttamente autobiografico. Ambientato nella sua San Fernando Valley, in particolare Encino, quartiere di Los Angeles, che il regista conosce bene, Licorice Pizza è la storia di Gary che si invaghisce di Alana, tutto qui. Entrambi immaturi ma a loro modo splendidi e soprattutto capaci di crescere nel corso di un’estate meravigliosa, colma di avvenimenti indimenticabili.

Il film è ricco di spunti tratti dalle esperienze personali del regista, ma soprattutto dei suoi conoscenti (sono presenti molti elementi biografici tratti dalla vita di Gary Goetzman, produttore e storico amico del regista che ha raccontato della sua infanzia di attore bambino passata a fare provini, spettacoli, o girare film e spot pubblicitari ma anche del suo tentativo di avviare imprese commerciali ancor prima di diventare maggiorenne). La storia inoltre è infarcita di aneddoti e racconti leggendari legati al mondo del cinema, con personaggi della vecchia Hollywood che incrociano la strada dei due ragazzi in modo davvero rocambolesco. 

E qui non si possono non citare i due cammeo più importanti e deliranti del film, quello di Sean Penn e quello di Bradley Cooper che, va detto in anticipo, non sono gratuiti come molti hanno scritto rispetto al significato della storia ma, al contrario, hanno una funzione importante nell’economia di senso del film.

Sean Penn interpreta Jack Holden, un attore di film d’azione con cui Alana fa un provino e che poi accompagna a cena nella speranza di ottenere il ruolo. Il personaggio è basato su William Holden, star dell’epoca, ma già orientata sul viale del tramonto, con un enorme numero di film di guerra e melodrammi sulle spalle. Un attore intrappolato nel suo mito che pronuncia battute dei suoi vecchi film nel tentativo di sedurre ragazze che vogliono entrare nel cinema. Bradley Cooper invece è Jon Peters, noto produttore che all’epoca era “solo” il fidanzato di Barbra Streisand, che poi avvierà una carriera importante ad Hollywood. Si tratta di un personaggio arrogante, aggressivo e perennemente impegnato a inseguire qualche ragazza, operazione di cui si vanta non poco. Paul Thomas Anderson ne traccia un bozzetto parodico, pochi minuti del film bastano a mostrare la sua farneticante personalità. Minaccia i ragazzi che vanno da lui a montare un materasso ad acqua, tenta di sedurre Alana mentre è impegnata alla guida del camion, impreca contro il proprio aiutante ed esce definitivamente di testa quando, a causa della scarsità della benzina, rimane a piedi con la sua Ferrari. Bradley Cooper lo impersona senza sconti, dando così vita ad un personaggio che pur essendo sopra le righe è davvero azzeccato e rimarrà nell’immaginario degli spettatori per molti anni ancora.

Questi ruderi del passato percorrono di lato la vicenda di Gary ed Alana a loro volta impegnati nella loro relazione romantica e surreale. La differenza d’età tra i due ragazzi è nulla rispetto alla distanza siderale con il mondo di quegli adulti. Anzi la loro differenza d’età, come la discesa in retromarcia del camion rimasto a secco, è una sfida vinta grazie al coraggio di chi aveva percepito che quel tempo, quell’atmosfera e quel luogo permettevano tutto a chi aveva l’entusiasmo di osare e cimentarsi con le proprie ambizioni.

I ragazzi stanno crescendo e si aprono al mondo concuriosità, al contrario dell’epica ridicola degli adulti, presi solo da loro stessi e prigionieri del loro passato. In questo senso il salto in moto di Sean Penn con il suo sguardo esaltato, quasi posseduto dal demone del suo personaggio è emblematico. Della ragazza che cade dal sellino non gli importa nulla, la sua attenzione è posta solo alle fiamme davanti a sé, solo al salto, solo a dimostrare e ribadire sé stesso.

Sono i due giovani il vero motore del film, la loro libertà e le loro emozioni ci vengono restituite dalla macchina da presa di Paul Thomas Anderson che li segue nelle loro corse con lunghi carrelli carichi di pathos, li scruta nei campi contro campi delle loro baruffe, o nell’intensità degli insistiti primi piani che i giovani interpreti reggono con solido mestiere. Eppure sono due esordienti, certo particolari ma sempre al loro primo ruolo.

Tra le cose più incredibili del film sta proprio da un lato la direzione dei due giovani attori che fa Paul Thomas Anderson e dall’altra la loro interpretazione, che si lega a doppio filo con un discorso che va al di là del mero dato cinematografico. Gary è interpretato da Cooper Hoffman, figlio del mai troppo compianto Philip Seymour Hoffman e se non lo avessimo saputo probabilmente avremmo guardato i primi minuti del film gridando al miracolo della reincarnazione invece di reprimere, commossi, groppo in gola che toglie il respiro fin da quando il ragazzo compare sullo schermo. Non si tratta di copia o banale imitazione del papà, piuttosto di quella naturalezza del recitare che eravamo abituati a vedere nel grandissimo Paul Seymour Hoffman, la sensazione di familiarità che ci regalava ogni sua interpretazione. Anche lui ha quell’ambiguità “nella felicità”, quella sicurezza nella goffaggine, quegli occhi malinconici eppure così intensi e presenti. Alana è interpretata da un’esordiente, anche in questo caso molto particolare. Alana Kane è interpretata da Alana Haim, nata a Los Angeles nel 1991e membro della band rock indie Haim, della quale fanno parte le sorelle Este e Danielle e dove lei suona chitarra e pianoforte. Il regista ha diretto diversi videoclip della band, e l’ha voluta come protagonista del film. Ma non da sola, in Licorice pizza compaiono anche le sorelle di Alana e anche padre e madre, tutti interpretano la famiglia di Alana, dando vita ad un cortocircuito meta cinematografico che solo i grandi registi possono creare, gestire e utilizzare senza che il dietro le quinte o le informazioni siano più importanti dell’interpretazione. Questo vale per Gary, Cooper Hoffman che per Alana, Alana Haim, entrambi gli attori hanno “una storia” particolare nella vita reale, ma ciò che conta è la magia cui danno vita sul set.

Da ultimo parliamo del titolo, Licorice pizza era una catena di negozi musicali che vendevano dischi in vinile (la pizza di liquirizia). Ma di vinile erano fatti anche i materassi ad acqua che spopolavano negli anni ’70.

Due degli elementi attorno a cui gira il meraviglioso Licorice Pizza, l’ultimo film di Paul Thomas Anderson, un film in cui i protagonisti si muovono al ritmo di una colonna sonora da urlo, anzi i ragazzi quasi sempre corrono ricordandoci l’entusiasmo dell’amore e della giovinezza.

Revisione a cura di Promise Edoziogor