Rispetto per le vittime del Mottarone è ben altro che indignarsi per la diffusione del video

Daniele CiriBy Daniele Ciri|In Pensare|2 Minuti

La comunicazione oggi può tutto: persino mostrarci i corpi dei passeggeri di una funivia, ignari che il capolinea che stanno per raggiungere non è la stazione di arrivo, ma il fine vita.

L’ondata di indignazione social non si è fatta attendere: quel dannato video non sarebbe dovuto andare in pasto al voyeurismo di massa – hanno decretato in molti.

L’utente guarda e allo stesso tempo condanna chi gli consente di guardare. L’occhio è fatto per vedere. Ha una naturale propensione a spingersi nel cuore delle tragedie. La mano, talvolta, si erge a coprire la vista, nel caso quest’ultima dovesse rivelarsi insopportabile.

Capita troppo spesso di finire risucchiati in questo vortice schizofrenico, che sembra aver preso il posto della realtà: la realtà “uccisa” dall’iperrealismo dei media, come sosteneva in tempi non sospetti il filosofo francese Jean Baudrillard. E dire che lui si riferiva alla TV: prototipo di schermo, infinitamente meno potente di quello dello smartphone.

La realtà è stata sostituita da un vortice d’informazioni e l’homo sapiens non si è ancora adattato a “surfarci” sopra per tutto il tempo. Non c’è da stupirsi se, di tanto in tanto, di fronte a immagini forti, la coscienza o ciò che ne rimane, torni a opporre una debole resistenza. S’illude così di riconciliare se stessa con i sani valori di un mondo che non c’è più, o che, se c’è, è sempre più introvabile.

Forse dovremmo iniziare a rapportarci in modo più maturo alla “iper-irrealtà” proposta dai media, di cui, malgrado si passino molte ore online, l’utente non sa ancora che farsene. Se lo sapesse, capirebbe che l’indignazione di fronte al filmato della tragedia del Mottarone non è il miglior modo di rispettare le vittime. E capirebbe pure che vi è un’opportunità da non perdere in quel filmato e nella piena acquisizione di esso nell’immaginario collettivo: quella di farne un “monumento cognitivo” o, se si preferisce, un “monumento digitale”, in memoria dei martiri della negligenza e dell’avidità, affinché mai più la mano torni a disattivare un freno di sicurezza, cedendo alla voce che gli suggeriva di risparmiare sulla manutenzione.