
Cultura di popolare: una forma di resistenza
Cultura popolare: che forme ha nel quotidiano della Valle Umbra? Nei “Quaderni dal carcere delle Osservazioni sul folclore” Antonio Gramsci la definiva come un insieme di elementi socio culturali subalterni rispetto alla cultura colta dei ceti dominanti.
Cultura popolare: che forme ha nel quotidiano della Valle Umbra? Nei “Quaderni dal carcere delle Osservazioni sul folclore” Antonio Gramsci la definiva come un insieme di elementi socio culturali subalterni rispetto alla cultura colta dei ceti dominanti. Una cultura ‘inferiore’ insomma, conformista e omologatrice. Negli anni ’70 con gli studi anglosassoni sparisce questa classificazione sociale e vede la luce lo studio Resistance Through Rituals, ‘Rituali di Resistenza’. Il testo dava conto di una serie di tendenze fra i giovani della comunità operaia postbellica.
Anche oggi potremmo chiamare cultura popolare ciò che – soprattutto fra i più giovani – continua a rappresentare una forma di resistenza contro disoccupazione, disgregazione sociale, violenza verbale, dittatura finanziaria, inquinamento. Come rispondono i nostri? Attingendo a idee e immagini che moltissimo hanno a che fare con la natura, il paesaggio e la cultura materiale tradizionale; dunque anche con il folklore. La tradizione, qui, oggi, permea ogni cosa e sembra resistere, talvolta di più, altre volte di meno, ai barbari colpi della globalizzazione.
La pop culture ai tempi di Greta Thunberg è in Umbria un corso di potatura degli ulivi promosso su Facebook. Oppure un gruppo di volontari che organizza via Whatsapp la raccolta dei rifiuti abbandonati sul Monte Subasio. O ancora: la rete di cittadini che coltiva gli orti solidali condivisi, che collabora per tracciare nuovi sentieri sui boschi o per recuperarne di antichi.
I giovani si riscoprono artigiani e ambasciatori del fatto a mano, recuperando mestieri che sembravano perduti. Diventano agricoltori, riscoprendo varietà colturali perdute o arando con i cavalli la terra. E’, quest’ultimo, il caso di alcuni ragazzi, ambasciatori insieme a molti altri di un nuovo modo di produrre e consumare consapevolmente, che fortunatamente conta sempre più sostenitori. Certo, nella provincia italiana il Mac Donald avrà sempre clienti. Sta però sorgendo un rinnovato ‘orgoglio rurale’ che dà tutta la sua attenzione a ciò che siamo e dunque a ciò che mangiamo. Nel secondo dopoguerra si fuggì da campagna, agricoltura e povertà entrando in fabbrica o trasferendosi in città per sopravvivere. Andy Warhol, ambasciatore della Pop Art e ultimogenito di 4 figli aveva origini modestissime e contadine, dalle quali si emancipò cambiando nome e trasferendosi dalla Pennsylvania a New York dove fondò la Factory.
Oggi si avvia un processo opposto: nell’incertezza economica i ragazzi cercano stili di vita sostenibili, concreti, rassicuranti. Rivendicando nei confronti della ‘società liquida’ il ruolo di produttori consapevoli oltre che di consumatori. Ritornando alla terra, che non tradisce mai. Molti dei miei amici allevano polli e coltivano un orto completamente biologico.
Non lo trovate magnificamente pop anche voi?


