Casa, spazio e libertà

Conversazione surreale tra Adolf Loos e Le Corbusier.

Vienna 1930. Cafe Museum.

Il cafe si trova davanti alla “Casa della Secessione” progettata da Josef Maria Olbrich, ed è il primo progetto pubblico di Adolf Loos. È questo il motivo per cui preferisce venire qui rispetto, ad esempio, all’American Bar, a cui è legato per altri motivi.

Siamo nella città del fermento culturale e artistico che ha colonizzato il vecchio continente dalla fine del secolo precedente. Per le strade del suo Ring hanno girato personaggi di spicco, movimenti, tendenze e stili.

Parliamo di Jugendstil (Art Nouveau), Secessione Viennese, la psicoanalisi di Sigmund Freud. Da qui sono partite idee e parole che hanno influenzato l’Europa intera. Contaminazioni d’arte, architettura, letteratura e scuole che hanno trovato le porte aperte tra i vari stati e sono circolate come flussi torrenziali tra le menti di tutti.

Entriamo al piano terra dell’edificio all’angolo tra la Friedrichstraße 6 e l’ Operngasse 7 ed ecco Adolf Franz Karl Viktor Maria Loos, sarà conosciuto poi semplicemente come Adolf Loos.

Dopo gli ultimi anni in giro per il mondo, vicino alla fine della sua vita, torna dove si è sentito di più se stesso: fa avanti e indietro tra Vienna e la Cecoslovacchia. Ora ha 60 anni, è molto “acciaccato” e ormai quasi completamente sordo.

Vicino a lui Charles-Édouard Jeanneret-Gris, sarà conosciuto poi semplicemente come Le Corbusier.

Ha 43 anni ed ha passato un anno fantastico, a settembre ha ottenuto la cittadinanza francese e a dicembre si è sposato. Anche Adolf Loos è fresco del suo terzo matrimonio.

[ inizio in medias res]

Adolf Loos: “… io veramente ho qualcosa da far vedere: la disposizione delle stanze per vivere lo spazio. Attraverso questa invenzione, potrei risparmiare all’umanità molto lavoro e tempo, perché questa è la grande rivoluzione in architettura: la liberazione del piano nello spazio”.

Le Corbusier: “Ma cosa è per te l’architettura?”

Adolf Loos: “Quando troviamo un cumulo nel bosco, lungo 6 piedi e largo 3, disposto con la pala a forma di piramide, ci facciamo seri e qualcosa dice dentro di noi: qui è sepolto qualcuno. Questa è architettura”.

Le Corbusier: “Per me l’architettura consiste, nell’uso di materiali grezzi, nello stabilire rapporti emotivi. L’architettura è al di là dei fatti utilitari. É un fatto plastico.

L’architettura è il gioco sapiente, corretto, magnifico dei volumi sotto la luce.

L’architettura non ha nulla a che vedere con gli stili, concorderai con me?

Non ha il solo significato e il solo compito di rispecchiare la costruzione e di assolvere una funzione, se come funzione si intende quella dell’utilità pura e semplice, del comfort e dell’eleganza pratica. L’architettura è arte nel senso più elevato, è ordine matematico, è teoria pura, armonia compiuta grazie all’esatta proporzione di tutti i rapporti: questa è la «funzione» dell’architettura”.

Adolf Loos: “In parte discordo, lo sai. E’  una vita che dico che la casa deve piacere a tutti. A differenza dell’opera d’arte che non ha bisogno di piacere a nessuno. Dunque la casa, secondo me, non avrebbe niente a che vedere con l’arte, né l’arredamento con uno stile, ma l’architettura non sarebbe da annoverare tra le arti: Proprio cosi. Soltanto una piccolissima parte dell’architettura appartiene all’arte: il sepolcro e il monumento.

Guarda che ho notato che non hai più pubblicato sulla tua cara rivista Esprit Nouveau il mio scritto sull’architettura e lo stile moderno, l’hai annunciato dopo ‘Ornamento e delitto’, ma poi niente…

E poi te, e la tua fede nell’industria, la produzione di massa, le nuove tecnologie… un paio di anni fa incontrai il tuo assistente Roth a Parigi. Gli ho chiesto con quale materiale fai le porte. Mi ha risposto con il compensato, ovviamente. Io mi sono stupito non poco. Ho anche confessato che era un enorme progresso per te, che solo pochi anni fa dichiaravi nei tuoi articoli che le porte del futuro dovessero essere prodotte in massa nelle fabbriche ed essere di acciaio”.

Le Corbusier: “Ahaha, ti riferisci alla porta Roneo che ho pubblicizzato sull’Esprit Nouveau?

Tu ironizza pure, ma io ho introdotto il metodo industriale nel processo costruttivo, al contrario tuo. Guarda la mia Planeix House a Parigi e la tua Moller House qui a Vienna!”.

Adolf Loos: “Bah, io dico, comunque: una buona costruzione, se resa come immagine su una superficie piana, non fa impressione. sono molto orgoglioso del fatto che gli interni che ho creato sono del tutto privi di effetto quando vengono fotografati e che gli abitanti delle mie abitazioni non possono riconoscere le proprie case in un’immagine fotografica!”.

Le Corbusier: “ Vecchio testardo, non capisci proprio la forza delle immagini?!? Riviste, libri, pubblicazioni, e chissà che si inventeranno quando noi non ci saremo già più?! Oltre alle parole sono importanti anche le immagini fotografiche.”

Adolf Loos: “ Io ti dico caro mio, un uomo colto non guarda fuori dalla finestra. La sua finestra in vetro smerigliato è lì solo per far entrare la luce, non per lasciar passare lo sguardo. Per questo metto le tende, o i vetri opachi e anche i mobili fissi, tipo divani e panche, sotto così che lo sguardo è rivolto verso l’interno della stanza piuttosto che fuori. Mica come le tue finestre a nastro, che ci azzecca?!?!”

Le Corbusier: “Ahhh ora passiamo alle finestre? E poi? Il tetto? Il giardino? I pilotis? Quale dei miei 5 punti vuoi tirare fuori? La facciata libera o la pianta libera? Perché a tal proposito non parlare allora del tuo Raumplan. Lo vorrei sentire spiegato a parole tue…”

Adolf Loos: “Letteralmente tradotto nella tua lingua sarebbe piano nello spazio. Con più parole: un’articolazione interna con differenziazione altimetrica funzionale e formale. Il progetto non vincola tutte le stanze allo stesso piano. Stanno a diversi livelli. L’altezza e la grandezza di ognuna varia a seconda della funzione e del loro significato. È una progettualità che sfrutta al massimo il blocco edilizio in una sequenza di stanze armonica e inscindibile.

Il Raumplan è la conquista della libera aggregazione dei volumi interni.

Ho finito da poco Villa Moller, qui vicino, passa e butta un occhio, poi mi dirai. Lo conosci Tristan Tzara? Potresti farti invitare a casa sua a Parigi altrimenti. È un po’ più complessa, su 4 piani, ma penso possa capirla anche te.

Sai, la mia architettura non è concepita in piani, ma in spazi. Io non disegno piani, facciate, sezioni… Io disegno spazi. Per me non c’è un piano terra, un primo piano etc… ci sono solo spazi continui, stanze, terrazze… I piani si fondono e gli spazi si relazionano gli uni con gli altri. Le tue ricerche, i tuoi progetti rimasti sulla carta e quelli costruiti, hanno portato il tuo pensiero ad un apice. Hai formulato quelli che sarebbero diventati i tuoi strumenti principali, applicabili a qualsiasi progetto della civiltà moderna, ovvero i 5 punti di una nuova architettura. Tu hai condensato il tuo modo di progettare in 5 punti, io invece vado alla ricerca di un modo di abitare sempre diverso fondato sulla specifica delle situazioni.

Ottimizzo le risorse in modo moderno attraverso un’economia dello spazio. Costruire l’esterno a partire dall’interno.

Interazione e austerità spaziale, che fino ad ora sono stato capace di realizzare al meglio nella casa del Dottor Muller, vedrete quando sarà finita. Un complesso intreccio spaziale, gerarchicamente definito attraverso un sistema di percorsi che scorrono nelle stanze come le pagine di un romanzo”.

Le Corbusier: “Beh, io l’anno scorso ho portato a termine villa Savoie, diventerà il manifesto del razionalismo, ci metto la mano sul fuoco! Lì c’è tutto! La pianta libera, sollevata dal suolo con una serie di pilotis. La ‘Promenade Architectural’ che traduce il tuo lossiano principio narrativo del Raumplan, con un percorso che sale con una morbida rampa dal piano terra fino al tetto giardino.

E quanta luce entra dalle finestre a nastro, un contatto diretto con l’esterno!

All’interno: la pianta libera.

Fuori: muri portanti. Partendo dal sottosuolo, si sovrappongono formando il pianterreno e gli altri piani, fino al tetto. La pianta è stata schiava dei muri portanti. Il cemento armato porta nella casa la pianta libera! I piani sono liberi! Economia grazie all’impiego rigoroso di ogni centimetro.

La progettazione può soddisfare al meglio ogni esigenza distribuendo le pareti interne ed esterne. È quindi possibile avere una grande stanza open space o suddividere con delle pareti ogni funzione.

Le pareti le metti dove vuoi! Eccezionale flessibilità planimetrica!

Le piante dei vari piani che compongono un edificio sono libere e indipendenti l’una dall’altra. Non c’è vincolo tra i piani o tra gli ambienti”.

Adolf Loos: “Si certo. Capisco il tuo pensiero. Apprezzo la tua passione e il tuo impegno.

Segui le tue idee che io continuo a seguire le mie.

Condividiamo molto ma non tutto, forse anche niente. Ma non importa. Il mondo è bello perché è vario.

Sai la sordità mi ha forse portato a sviluppare maggiormente gli altri sensi e quindi ti dico che il mondo è bello perché io lo guardo con i miei occhi che sono diversi dai tuoi e finché avrò coscienza e consapevolezza di questo sarò un uomo libero.

Ho insegnato ai miei allievi a pensare in tre dimensioni, a pensare al cubo. Sono pochi oggi a saperlo fare. Oggi sembra che la preparazione del cittadino sia conclusa quando ha appreso a pensare al piano. Ma riguardo allo spazio? Alle dimensioni successive alla seconda?”

 

Tu, lettore, in che categoria ti poni?!?

 

Giorgio Gaber: “Voglio essere libero, libero come un uomo… incosciente come un uomo compiaciuto della propria libertà.. Libertà non è uno spazio libero. Libertà è partecipazione… Vorrei essere libero come un uomo che ha bisogno di spaziare con la propria fantasia”.

 

P.S. Il fatto narrato di per sé non è mai avvenuto, i due personaggi si sono incontrati almeno una volta, ma sicuramente non è stato così il virgolettato. Questo dialogo tra gli architetti Adolf Loos e Le Corbusier è stato ricostruito prendendo piccole libertà espressive nella narrazione.

I due sono realmente esistiti e queste loro idee le hanno veramente così liberamente espresse attraverso scritti, libri, riviste, esposizioni, e perché no, magari anche in un caffè con altri amici architetti e collaboratori.