
Follia a due, storie d’amore rosso sangue
“Due individui che si uniscono per perpetrare un delitto non danno né psicologicamente, né socialmente un risultato equivalente alla semplice somma di entrambi” (Scipio Sighele, 1909 – “La coppia criminale”)
Incontrarsi, amarsi, uccidere. Coppie apparentemente normali, o quasi, rese celebri dalla loro follia a due. Uomini e donne indissolubilmente legati che insieme sono diventati famosi.
La forza di questi legami risiede nell’aspetto amoroso e sessuale della relazione, un’unione assoluta tra due persone che diventa una vera e propria arma. L’amore rosso fuoco, diventa rosso sangue e il legame è morboso, malato, di certo pericoloso. Il reato rafforza l’unione, stringe gli amanti in un groviglio di complicità, sotterfugio, eccitazione. Una sete sadica che normalizza il dolore e richiede altro sangue per appagare la relazione.
Le coppie criminali sono statisticamente irrilevanti, eppure le loro storie generano una sorta di attrazione perché se è complicato capire quale forza interiore possa spingere un singolo uomo a distruggere un suo simile, diventa davvero impossibile comprendere come due persone possano combinarsi nel loro delirio, tanto da uccidere, ancora e ancora, sempre insieme. E non si tratta di coprire l’amato, di non trovare il coraggio di denunciarlo, ma proprio di spingersi simultaneamente oltre l’umanità, di provare insieme piacere uccidendo, stuprando, schiavizzando, a volte addirittura cannibalizzando.
Amore, odio, vendetta, passione, denaro o assurda perversione. I motivi che trasformano questi esseri umani in mostri sono i più disparati e la condivisione del loro delirio di onnipotenza crea un aumento esponenziale della perversione, molto più di un raddoppiamento, insomma “l’insieme è più della somma delle singole parti”.
Assoluto e disperato è l’amore di Bonnie e Clyde (Stati Uniti 1932). Una coppia resa famosa dalla sua copia cinematografica più che dalle cronache. Clyde è l’immagine del criminale gentiluomo, che scappa, uccide solo per difendersi o ancor più per difendere l’amata, che libera gli ostaggi e rischia la vita per proteggere i suoi complici. Se non fosse che non si può parlare di coppie criminali e celebri senza evocare i loro nomi forse non meriterebbero di esser citati insieme a “colleghi” decisamente più sadici.
Tra i più terrificanti ci sono senza dubbio Henry Lee Lucas e Ottis Toole (Stati Uniti 1983). La loro perversione supera ogni più macabra fantasia e benchè fossero legati da una relazione omosessuale, avvicinare la parola amore a loro sembra davvero fuori luogo. Stiamo parlando, infatti, di uno psicopatico necrofilo e di un cannibale schizofrenico. Insieme dovrebbero aver ucciso più di cento persone, ma con loro il condizionale è d’obbligo visto che la loro storia è costellata di bugie e false testimonianze.
Amore perverso, dipendenza, matrimonio e gelosia, sono gli ingredienti dell’orribile storia di David e Catherine Birnie (Australia 1986). Sono i due coniugi australiani che insieme hanno rapito, violentato per giorni e ucciso quattro donne. La loro fine fu decretata dalla quinta vittima, scappata prima di essere uccisa, è stata lei, infatti, a portare la polizia nella casa dei coniugi assassini. Lui è morto in carcere, mentre Catherine è ancora viva e sulla sua storia è stato scritto anche un libro.
I prossimi sono così celebri che la loro statua di cera è esposta nel famoso museo di Madame Tussauds di Londra. Parliamo di Ian Brady e Myra Hindley (Gran Bretagna 1963) che uccidevano giovanissime vittime ascoltando marce naziste. Myra era una timida dattilografa che condusse una vita mite fino all’incontro con Brady, assassino psicopatico con tendenze sadomasochiste, pornografiche e filonaziste.
Gerald e Charlene Gallego (Stati Uniti 1980) catturavano le loro vittime per tenerle come schiave del sesso e quando il gioco non era più eccitante le uccidevano. Assassinarono un totale di dieci vittime, tutte adolescenti.
Poi ci sono anche Barbie e Ken, ma non sono di plastica sono in carne ed ossa e dell’amore conoscono solo la paura e la follia, li hanno soprannominati così perché a guardarli sembrano una coppia bella e affiatata, biondi e perfetti. Sono Paul Bernardo e Karla Homolka (Canada 1992) la loro vita di coppia è costellata da violenze sessuali e omicidi, tra cui quello della sorella di Karla. Lui è in carcere, ma lei è già in libertà.
Così giovani da non aver mai scoperto che cosa sia davvero l’amore, loro si sono fermati all’orrore. Stiamo parlando di Charles Starkweather e Caril Ann Fugate (Stati Uniti 1958). Il primo omicidio del ragazzo è quello di un benzinaio. Il giovanissimo Charles odia tutti ad eccezione della sua Caril e proprio davanti ai suoi occhi uccide tutta la sua famiglia, compresa la sorellina di due anni. Insieme nascondono i cadaveri e rimangono lì, nella casa di lei e delle vittime, a guardare la tv. Poi arriva la polizia, allertata da un vicino, loro scappano e nel corso di pochi giorni uccidono altre sei persone. Quando vengono arrestati l’amore svanisce e lei fa un repentino voltafaccia accusando lui degli omicidi. Lui venne condannato a morte a soli 21 anni. La loro storia è stata così famosa da ispirare film, canzoni e serie tv, come True romance di Quentin Tarantino, Nebraska di Bruce Springsteen e Badlans di Terrence Malick.
Non solo cronache lontane, ci sono anche storie più vicine a noi sia nel tempo che nello spazio come quelle di Olindo e Rosa (Italia 2006) e Erika e Omar (Italia 2001).
Hanno scontato la loro pena, oggi sono liberi e cercano di costruirsi una vita normale, se la parola normale può ancora essere concepita dopo esser stati autori di un massacro. Erika e Omar hanno annientano a coltellate, oltre cento, la vita della madre e del fratellino undicenne di lei. Erano giovanissimi, 14 anni lei, 16 lui e sono stati condannati dal tribunale dei minori, che li ha considerati capaci di intendere e di volere e che ha evidenziato come la loro relazione sia stata il terreno fertile della follia omicida: “Il delitto è avvenuto nel clima passionale, morboso e onnipotente che respiravano in un’unione di coppia, sempre più isolata, chiusa e sorda ai richiami della realtà”. Eppure Erika era cresciuta in una famiglia normale, amorevole, in una condizione socio economica agita.
Strage di Erba, così è passata alle cronache la storia di Olindo e Rosa. Una vicenda che per anni ha continuato a comparire nei titoli dei giornali altalenando tra confessioni scabrose e richieste di revisione, certezze e dubbi, novità e retroscena. Intanto la coppia assassina, secondo le sentenze, è in carcere e sconta la condanna in via definitiva per la morte di quattro vittime, tra cui un bambino di due anni. La Corte di Cassazione li ha dichiarati colpevoli oltre ogni ragionevole dubbio per aver ucciso a coltellate e sprangate i vicini di casa con i quali litigavano continuamente. Olindo e Rosa sono una coppia estremamente isolata e chiusa su sé stessa ed è in questo distaccamento dalla realtà che avviene “la più atroce impresa criminale della storia italiana” (così commenta la vicenda uno dei giudici).
Gli amanti assassini sono suggestionati dall’amore malato che contiene legami di perversione e debolezza, di prevaricazione e sudditanza. Non esistono equazioni perfette, ma i tratti che più di tutti sembrano ripetersi in queste storie sono quelli biografici. Infatti le esistenze dei membri di queste coppie tristemente celebri sono tutte, o quasi, segnate da condizioni socio economiche e soprattutto devastanti, infanzie dolorose, violente, prive di vere relazioni affettive, in cui l’accudimento è sostituito dalla prevaricazione e dalla perversione.
Dolori che si incastonano nell’anima tanto profondamente da contaminare ogni istante.
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