L’hype pornoromantico di Serge e Jane

Cosa ci fanno insieme un francese di origini russe e un’inglesina con la frangetta molto parigina? L’amour, toujours.

Se nel mondo della musica c’è una coppia iconica dell’amore romantico e àla page, perverso e scandaloso, è sicuramente quella formata da Serge Gainsbourg e Jane Birkin.

Il primo nome va pronunciato rigorosamente in francese, il secondo in inglese. Sembra una sottigliezza e per certi versi una banalità, ma non lo è. Perché c’è da scommetterci che, nel momento in cui pronunciate il nome della Birkin, vi venga da dirlo in francese tanta è l’assonanza con il suo status di parigina acquisita. Sarà perché la ragazza – che oramai ha 72 anni portati sempre con estrema grazia ed eleganza – aveva un look tremendamente francese, anche nei lineamenti del viso. O forse perché se ci pensiamo a lei e Serge, ce li immaginiamo ancora oggi in un appartamento di Montparnasse a mangiare brioche tra le lenzuola, mentre dalla finestra si scorgono i tetti parigini e sul tavolo accanto al letto spuntano le Gitanes che lo chansonnier francese ha fumato fino all’ultimo giorno della sua esistenza.

A distanza di quasi quarant’anni dalla fine del loro rapporto e a 18 dalla morte di Serge, nessuna coppia del mondo della musica e del cinema è riuscita a scalzare questi due meravigliosi amanti dall’immaginario romantico e un “pop porno” che tutti ci portiamo dietro. Più di John Lennon e Yoko Ono, di Courtney Love e Kurt Cobain o di Sid Vicious e Nancy Spungen: Serge e Jane hanno rappresentato e rappresentano qualcosa di languidamente inarrivabile, romantico, erotico e potente.

Perché parlarne ancora? La loro storia è stata raccontata in lungo e in largo, ma di recente è uscito un libro in due volumi “Munkey Diaries”, ovvero i diari segreti della Birkin, da cui sono spuntati nuovi aneddoti e racconti che amplificano, a volte morbosamente, il mito della coppia parigina.
E allora facciamoci un altro pezzo di viaggio con Serge e Jane, magari partendo dall’inizio della loro vita burrascosa. E’ il 1968, Jane Birkin – giovanissima – ha già alle spalle un matrimonio finito, Gainsbourgh si è appena lasciato con Brigitte Bardot (la loro fu definita la coppia più bella del mondo), non proprio una qualsiasi. I due si ritrovano sul set del biopic di Stanley Kubrick “Napoleon” (progetto cinematografico che non vedrà mai la luce) e all’inizio è tempesta. Lei, addirittura, confida al fratello Andrew Birkin che «Quel Gainsbourg, sarebbe il mio amante sullo schermo, ma è così arrogante, con la puzza sotto il naso, sprezzante nei miei confronti!». Passa poco tempo e la Birkin, guarda un po’, cade tra le braccia di Serge e si ricrede: «È così dolce, tenero, forte e sensuale, è sessualmente meraviglioso».

Come una supernova, l’amore tra i due è un’esplosione spettacolare, travolgente e distruttiva. Ma il loro è anche un rapporto scandaloso, soprattutto per i benpensanti dell’epoca. Quando la nouvelle vague di lui e la swinging London di lei si incontrano, le convenzioni vanno a farsi benedire, come nel caso di quella che resterà per tutti la loro canzone (benché venne scritta per la Bardot tempo prima del loro incontro): “Je t’aime moi non plus”. Brano che racconta in maniera potente un amplesso tra due amanti e che culmina in una sequenza voluttuosa di sospiri. Il disco vende subito sei milioni di copie senza l’aiutino di piattaforme come Spotify e YouTube.
Ma le critiche non mancano. La BBC censura il brano in Inghilterra, in Italia la Chiesa lancia l’allarme pornografia e la Rai ne vieta la trasmissione, il Vaticano lo scomunica e, dopo aver scalato le classifiche, la Procura di Milano lo ritira dai negozi. Il disco verrà poi importato e venduto clandestinamente. Un successo che oggi definiremmo “virale” e frutto di un amore incendiario non privo di episodi realmente da censura. Come quelli che la Birkin racconta sempre nel suo diario. La leggenda in questo caso narra che Jane una sera chiese a Serge di farla sentire una prostituta “sordida”: «Ero sempre stata ansiosa di fare un’esperienza come questa e mi è sembrato un buon momento. Dieci minuti dopo eravamo a Pigalle. Il mio cuore ha sobbalzato, è stato molto eccitante essere lì in miniabito nero e stivali alti fino alla coscia. L’hotel era il peggio del peggio. Abbiamo dovuto ingoiare due cognac nello strip club della porta accanto per trovare il coraggio di entrare. Era quello che volevo».

Quei due hanno camminato sempre sul filo del rasoio. Sono stati insieme dodici anni poi,  arrivato l’alcolismo di Gainsbourg che ha costretto Birkin a lasciare lo chansonnier nonostante da poco fosse nata la secondogenita Charlotte (attrice e musicista anche lei iperfamosa in questi anni Duemila). La versione Birkin di quel tardo impero romantico è drammatica: «L’alcol è il mio incubo. Lo trasforma in qualcuno così diverso e spaventoso. E a volte dice che ora che ha gloria, l’unica cosa che non sa fare è uccidere. Quando sono triste, voglio davvero morire, e per mano sua». L’addio è straziante, per Gainsbourg sarà un colpo durissimo così come per la Birkin che ancora nel diario scrive: «So anche che qualunque cosa faccia, non sarò mai felice senza Serge», riporta l’attrice nel settembre 1979. «Se me ne vado, mi mancherà sempre la mia vita eccezionale accanto a un uomo eccezionale». Serge e Jane si lasciarono definitivamente nel 1980, entrambi ebbero nuovi amori: lei con il regista Jacques Doillon e lui con la modella Bambou. Ma nulla fu come prima e benché distanti, i due rimasero sempre legati e complici. Inseparabili. Serge è morto nel 1991, Jane è ancora oggi bellissima e ambasciatrice di quell’amore che porta vivido negli occhi. Tutt’oggi intorno a loro l’hype è enorme, così come la venerazione. La loro è stata una formula chimica inarrivabile che la Birkin, a margine di una mostra fotografica su di loro, ha così sintetizzato: «He was a great man. I was just pretty». Lui era un grande uomo, io solo carina. Boom.