
Politiche matrimoniali. Cosa fanno dell’amore i potenti
Vi furono epoche in cui i matrimoni dei regnanti sancivano alleanze tra gli stati. Oggi le cose sono certamente cambiate. Eppure, le scelte matrimoniali dei capi di stato continuano ancora a giocare un importante ruolo d’immagine, a causa delle loro ricadute politiche.
La popolarità di un leader e la costruzione di consenso dipendono in larga parte da fattori di natura irrazionale. Le scelte matrimoniali sono da sempre, per politici, dittatori e capi di stato un terreno fertile su cui operare per manipolare in maniera più o meno evidente l’inconscio delle masse.
Hitler si è sempre rifiutato di sposarsi (fino a poche ore prima di morire): il suo delirio d’onnipotenza lo induceva a preferire la condizione di scapolo, cosicché ogni donna del Reich potesse aspirare a lui liberamente, senza che questa supposta fantasia potesse entrare in conflitto con i diritti di un’eventuale moglie.
Mussolini, essendo un po’ meno disturbato di Hitler, preferì affidarsi alla più rassicurante idea all’italiana di marito/amante: capace di conciliare piaceri e doveri, secondo i più tipici dettami dell’ambigua morale borghese di casa nostra.
Berlusconi non è stato da meno: il suo ego sessista e gaudente ha fatto sì che egli si dotasse di tutti i confort di un harem, che sfuggitogli, forse, di mano lo ha portato a diventare fautore di un nuovo stile politico, che potremmo definire “pornocrazia”.
Altri uomini, dal maschilismo all’apparenza meno strisciante, si sono comunque serviti in modo più o meno palese di donne di un certo spessore. John Fitzgerald Kennedy sarebbe sembrato poco più che un rampante uomo d’affari o un personaggio di un film di Scorsese, se accanto non avesse avuto una donna come Jacqueline, che con la sua cultura e il suo tocco d’eleganza francese ne ha nobilitato l’immagine, trasformandolo in un’icona di progresso e democrazia.
Andando di poco indietro nel tempo, Eva Perón ha svolto per suo marito il ruolo di una specie di sacerdotessa, che in un momento storico di grande complessità, gli ha fatto da tramite per controllare gli umori più profondi del popolo argentino. Vero è che la stessa Evita fu capace di ritagliare per sé un ruolo politico piuttosto importante, destando scompiglio tra le élite ultraconservatrici di quel paese e, per quanto il peronismo possa essere considerato deplorevole, fu grazie a lei che le donne argentine riuscirono a ottenere alcune conquiste di diritto.
Cambiando decisamente contesto, tra i monarchi britannici, dopo l’inadeguatezza di Carlo, incapace di gestire l’irriverenza dal sapore un po’ isterico di Diana – autentica manifestazione di femminilità finita in tragedia – William e Harry hanno mostrato una certa morbidezza nel contrarre matrimoni che, blandamente, affermano l’idillio di una società liberale capace di equità e multiculturalismo: l’unione tra il principe William e Kate Middleton ha umanizzato la regalità, trasformandola in qualcosa di accessibile attraverso lo studio, il merito e la grazia cheap dei grandi magazzini. Meghan Markle è stata per gli inglesi qualcosa di simile a Obama per gli americani.
In ogni caso, in tutto questo panorama di politiche matrimoniali, la più grande novità sembra venire ancora una volta dalla Francia, con una first lady come Brigitte che per la prima volta si pone in rappresentanza di un nuovo modello di donna: autorevole, gaudente e matriarcale. La moglie matura ed esperta del giovane Macron incarna forse la prima grande sferzata all’ordine patriarcale che nel corso dei secoli sembra aver dominato la storia. Forse i tempi stanno davvero cambiando.
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