Tresigallo, la città dei SOGNI

“Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure.”
(Italo Calvino, Le città invisibili)

Esiste una città che, come un sogno, è stata costruita sul desiderio di un utopista  e che ancora oggi, a distanza di quasi un secolo dalla sua edificazione, assomiglia ad una fuga dalla realtà.  

Ad una manciata di chilometri dalla Ferrara di De Chirico, Tresigallo, antico borgo di origine medievale, viene trasformata negli anni ’30 da Edmondo Rossoni, tresigallese e ministro del governo fascista, in una vera e propria città ideale del XX secolo, utopica e metafisica, riconosciuta oggi come capitale del razionalismo italiano e insignita del riconoscimento di “Città d’arte”.  A Tresigallo vi sono edifici iconici, diventati noti più perchè instagrammabili che per la loro reale funzione, ma la città e il progetto utopico di Rossoni hanno una valenza storica, oltre che architettonica, di significativo pregio,  che vale la pena conoscere. Il sogno di Edmondo Rossoni era quello infatti  di trasformare un borgo di 700 abitanti in una città industrializzata, realizzando un nuovo assetto urbano, industriale e architettonico che permettesse una relazione solida tra gli abitanti e il territorio e una viva collaborazione tra lavoratore e datore di lavoro.  L’obiettivo era quello di creare nuove risorse e opportunità, nuovo sviluppo e maggiore ricchezza e benessere per la gente, eliminando la miseria nella propria terra all’epoca la zona con il più alto tasso di disoccupazione a livello nazionale.

La città fu costruita in stile razionalista, con palazzi a tinte pastello, simmetrie, linee pulite ed essenziali, geometrie perfette. Dove c’era l’erba si innalzarono moderne opere pubbliche, dove regnava il fango, si tracciarono nuove strade piastrellate e venne aperta una nuova strada che collegava Tresigallo a Ferrara, in modo da aprire il paese ai trasporti e al commercio. Poi vennero costruiti i primi stabilimenti industriali, le scuole, il teatro, il campo sportivo realizzato in marmo travertino, l’ospedale per la cura della tisi, la casa del Fascio (oggi una caserma dei carabinieri), la piazza della Rivoluzione a forma di teatro romano, la scuola di ricamo per le ragazze, la casa di riposo, la sala da ballo e tutti i servizi necessari, come l’acquedotto, gli alberghi, gli asili, le scuole e

… i bagni pubblici, la cui insegna, in omaggio al decoro, da BAGNI divenne poco dopo SOGNI .

Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un’altra…

sempre per citare Calvino.

Rossoni progettò tutto nel minimo dettaglio affidando i suoi appunti e i suoi schizzi all’ingegner Frighi, a cui lui stesso aveva provveduto a pagare gli studi universitari, e ad un altro importante protagonista: il macellaio del paese, Livio Mariani, amico d’infanzia del ministro. Era a lui che Rossoni inviava da Roma lettere e telegrammi giornalieri con informazioni dettagliatissime sul da farsi nonché le indicazioni di ciò che Frighi avrebbe dovuto trasformare in una pianta o un progetto. Non solo fece la città insomma, ma ancor prima fece i suoi progettisti. Ed ecco così che “senza” architetti nacque un gioiello d’architettura.

L’impianto urbanistico di Tresigallo, seppur evochi inquietanti spettri storici, ancora sorprende per la modernità e la cura dei dettagli. Ogni abitazione ha uno spazio verde e decorazioni di abbellimento. L’arredo urbano prevedeva lampioni, panchine, fontane e centinaia di alberi selezionati.
L’intero tessuto urbano è espressione caratteristica del razionalismo a misura d’uomo che ha trovato in Tresigallo uno degli esempi più completi: una città corporativa, moderna, armonica e naturalmente fascista. Il borgo tuttavia, non è consacrato al Duce come nell’Agro Pontino, ma ai lavoratori; non a caso la Casa del Fascio non è nella piazza ma – molto più anonimamente – quasi invisibile lungo la via principale. Nel mezzo la grande piazza ad anfiteatro intitolata alla Rivoluzione senza però specificare quale, se quella fascista o quella proletaria: li non si affaccia nessun edificio istituzionale proprio a rivendicare la centralità del popolo più che dello stato. E poi c’è la Casa della Cultura. Va in questo senso ricordato che il Ministro  chiamò a Tresigallo, oltre i suoi due fidati amici, un discreto numero di giovani talentuosi che poi, di lì a poco, si faranno strada. Tra loro vale la pena ricordarne almeno tre: il fiorentino Pietro Porcinai, incaricato di disegnare il giardino di villa Barillari, che poi diventerà uno dei più importanti architetti del verde del secolo scorso, il giovane ingegner Giorgio Baroni, inventore delle coperture “a ombrello” che saranno poi riprese dal famosissimo Felix Candela e il pittore-designer viareggino Umberto Bonetti.

Una  volta immersi nel panorama della cittadina, però, è quasi impossibile dire quali edifici siano più caratteristici proprio perché e’ l’intera compagine urbana che valorizza i singoli palazzi e li rende dei punti di interesse. Della serie “Il tutto è più della somma delle singole parti”.

Alla ricostruzione di Tresigallo,  seguì un boom della popolazione: in 4 anni passò da 700 a 9.000 abitanti.

Poi arrivò la guerra e l’economia del borgo – che stava giusto in quel momento decollando – si arrestò bruscamente sul nascere. Non ripartirà mai più, non con quella forza e quello slancio almeno. Rossoni, la cui celebrità infastidì non poco Mussolini, alla prima occasione buona lo nominò governatore a Tripoli, togliendoselo dai piedi. Tornerà a Tresigallo solo per essere tumulato nel cimitero pubblico.Oggi di tutta questa storia rimane un paese ben più modesto di quello immaginato, in cui solo un paio di industrie cercano faticosamente di sopravvivere all’economia post-industriale. 

Il fascino suggestivo che queste architetture quasi irreali creano è ancora tuttavia immutato e il silenzio che avvolge il paesaggio proietta in una dimensione sospesa . Tra desideri e paure, alla ricerca del sogno che fu.