Rubrica

Le Interviste Impossibili

Brentwood

Guendalina PaceBy Guendalina Pace|In Pensare|10 Minuti

Brentwood, Los Angeles.

Il taxi mi deposita alla fine del viale, pago la corsa, scendo e m’incammino verso il numero della sua abitazione.

Suono il campanello, e mentre attendo che qualcuno venga ad aprirmi, noto che sotto alle mie scarpe, delle mattonelle in ceramica riportano uno stemma, mi sposto e leggo incisa una scritta in latino, “Cursum perficio”, non ho tempo di tirare fuori la penna dalla borsa, e scatto una foto per non dimenticarla.

Alla porta appare Mrs Murray, la sua domestica, una signora sui cinquanta con occhi piccoli, enfatizzati da due lenti grandi e spesse, ha un’aria sofferente, che si accentua quando costringe le labbra in un sorriso di circostanza.

Mi dice di aspettare “La signora” in giardino, la seguo.

Per accedere al giardino attraversiamo il salotto, c’è molta luce e pochissimi mobili, un tappeto, e un camino che sovrasta la parete.

Mi siedo all’ombra, un piccolo tavolo è stato allestito per la colazione, c’è del caffè, della frutta e del pane.

Sento delle voci provenire dall’interno, ma non riesco a distinguere nessuna parola.

Poi nuovamente il silenzio.

Dopo venti minuti di attesa, e il timore che arrivi la domestica a cancellare il nostro incontro, la vedo apparire.

Indossa dei pantaloni neri aderenti e corti sulla caviglia, una camicetta bianca e un sorriso spettacolare.

È bella come appare nelle foto, al cinema, di più, molto di più, nessuna è uguale a lei, nessuna potrà mai lontanamente imitarla, penso.

Mi porge la mano e si scusa di avermi fatto aspettare.

Si dice che alcune persone siano sempre in ritardo per verificare quanto ci tenga il prossimo ad incontrarle, lo sa?

Lei deve tenerci molto allora.

L’avrei aspettata molto di più.

(Sorride, versa il caffè nelle tazze e mi chiede se non sia diventato troppo freddo n.d.r.)

A qualcuno piace caldo, a me no.

Quando si trova a casa sua, si sente Marilyn o Norma-Jean?

Sono Norma-Jean, divento Marilyn nelle occasioni speciali.

Quali sono queste occasioni?

Quelle occasioni che di speciale non hanno nulla (sorride ancora n.d.r.) pranzi di lavoro, conferenze stampa.

I servizi fotografici?

No, mi piace essere fotografata.

È faticoso essere Marilyn?

Si, per questo esagero con lo champagne.

(ride e beve un sorso di caffè n.d.r.)

Lei è una donna magnifica, quanto le è stato d’intralcio il suo aspetto fisico?

L’aspetto di una persona non dovrebbe essere un intralcio, il problema è chi osserva.

Si spieghi meglio.

Se si giudica solo dall’aspetto una persona, senza conoscerla intendo, si rischia di non comprenderla, o di farsi un’idea sbagliata.

Per alcuni io sono solo Marylin, un nome e un aspetto che fa fare incassi al botteghino.

Se non fosse bella si sentirebbe compresa?

È difficile riuscire a convincere il pubblico della propria capacità, quando un’immagine preconfezionata la precede.

Lee Strasberg la considera una grande attrice, non le basta?

Il resto del mondo mi considera solo una bella bionda.

Il pubblico la ama.

Si, il pubblico mi ama, cioè, forse ama Marylin Monroe, ma non è interessato alla donna che ci abita dentro.

Quali ruoli vorrebbe interpretare?

Madri, assassine, mogli tradite e infelici.

L’avvilisce che la releghino sempre alla dimensione di amante?

Per il cinema sono quello, un sogno proibito.

E nella vita?

Cerco sempre di essere altro.

Recentemente ha cantato alla festa di compleanno del Presidente Kennedy.

Dopo la sua esibizione, si sono scatenati i pettegolezzi su un presunto triangolo tra lei e i fratelli Kennedy.

Lo rifarebbe?

In tutta onestà? No.

Per i pettegolezzi?

Perché prestarsi al gioco in certi contesti non è conveniente, e può essere addirittura pericoloso.

Se fosse la moglie del Presidente, come avrebbe reagito di fronte a un augurio così sensuale?

Sarei certa che alla fine della serata tornerebbe a casa da me.

Quella sera al Madison Square Garden c’era Marilyn o Norma-Jean?

Ho dovuto mandare giù un paio di gin per far scomparire Norma-“Jean”.

Per questo era in ritardo?

Volevo vedere se mi avrebbero aspettato.

I suoi matrimoni non hanno funzionato a causa di Marilyn?

In realtà credo che Marylin non c’entri, penso che la causa sia stata Norma-Jean.

Perché? 

(Si toglie gli occhiali da sole n.d.r.)

Sono stata una bambina cresciuta in un orfanotrofio, non ho conosciuto mio padre, mia madre è entrata e uscita per anni da centri psichiatrici.

Non ho avuto una famiglia.

Per questo pensa sia stato facile trasformarla in un’altra donna?

Vede, ho sempre avuto la sensazione di non venire da nessuna parte, di non appartenere a nessuno.

Di non essere nessuno.

Si, penso sia stato facile farmi diventare un’altra.

Marylin Monroe non è solo un’altra, è una star.

Questo complica le cose.

Quando la gente ti ferma in strada per avere una foto e chiederti un autografo, e poi la sera chiudi la porta alle tue spalle e non trovi nessuno ad aspettarti…

Si sente sola?

Si.

Chi vorrebbe ad aspettarla?

L’uomo che amo, dei bambini, il mio cane.

Il cane ce l’ha, mi sembra un’ottima partenza.

Si, è vero, Maf è felice di vedermi.

Ha detto “L’uomo che amo”.

Si è sentita amata dagli uomini che ha avuto?

Non so, il mio bisogno d’amore è tale, da diventare feroce e a volte disperato.

Questo spaventa gli uomini?

Si aspettano di avere Marylin, e scappano dalla porta di servizio quando incontrano Norma-Jean.

Cosa ama Marilyn? 

Quello che ama Norma-Jean.

Stare con i bambini, e leggere, soprattutto.

Perché le piace stare con i bambini?

Perché con i bambini non devo fingere.

Sono spontanei, generosi.

Vorrebbe avere un figlio?

Lo spero tanto.

Secondo lei sarei una buona madre?

Credo sarebbe una mamma meravigliosa.

Oh, grazie.

Non deve ringraziarmi, lo penso.

E cosa glielo fa pensare? Se posso chiederlo.

Penso che l’infanzia che ha vissuto, le abbia insegnato tutto quello che c’è da sapere sulla sensibilità e sulla fragilità dei bambini.

Si, questo è vero.

Tempo fa in un’intervista disse che da bambina, era talmente disabituata al contatto, che quando la direttrice dell’orfanotrofio per giocare le pitturava le guance col rossetto, a lei batteva forte il cuore dall’emozione. È un’immagine molto forte, dolorosa e tenera.

Non l’ho dimenticata.

Nemmeno io.

(Il suo sguardo si spegne e si deposita sul fondo della piscina n.d.r.)

Cosa sta leggendo in questo momento?

L’Ulisse.

Lettura impegnativa.

Soprattutto per una bionda.

La ferisce che le persone la ritengano “svampita”?

Confondono la bambina che vive dentro di me, per un’adulta superficiale, credo

Mi dica un’ultima cosa, se potesse parlare con la piccola Norma-Jean, cosa le direbbe?

Che un giorno diventerà Marylin Monroe.

Mrs. Murray riappare come un fantasma per riaccompagnarmi alla porta, Marilyn si alza e ci stringiamo la mano, noto che stavolta la domestica non tenta nemmeno d’imbastire un’idea di sorriso per rendere più gradevole la mia partenza.

Guardandola meglio non è una donna sofferente, ha in dotazione solo un’espressione depressa e maligna.

Mi volto e Marilyn è scomparsa nel nulla.

Un brivido mi percorre la schiena.

~

La notte tra il 4 e il 5 agosto del 1962, Norma Jean Mortenson Baker, verrà trovata senza vita nella sua casa di Brentwood.

A dare l’allarme Eunice Murray, un’arredatrice d’interni convertita a domestica dallo psichiatra da cui anni prima era stata in cura, il Dr. Ralph Greenson, lo stesso di Marilyn Monroe.

La causa di morte venne imputata a un avvelenamento da Pentobarbital.

Il coroner scriverà nell’esame autoptico che lo stomaco di Marilyn era vuoto.

Intorno alla mezzanotte del 5 agosto, una Mercedes nera verrà fermata dalla polizia nei pressi della casa di Marilyn Monroe.

A bordo c’erano Robert Kennedy, il cognato Peter Lawford e lo psichiatra Ralph Greenson.

Sulle mattonelle in ceramica all’ingresso della sua casa di Brentwood, la citazione latina recitava:

“Ho terminato la mia corsa”.