Foto di Giovanni Picuti

L’uomo oltre la vigna

L’Azienda Arnaldo Caprai ha compiuto i suoi primi 50 anni. Tra ricordi di famiglia, storie di vita e di lavoro e un amore viscerale per il suo territorio, Marco Caprai ci racconta la lunga strada che ha portato a questo straordinario traguardo.

Francesca BrozziBy Francesca Brozzi|In Sostenere|17 Minuti

“Una vigna che sale sul dorso di un colle fino a incedersi nel cielo, è una vista familiare, eppure le cortine dei filari semplici e profonde appaiono una porta magica. Sotto le viti la terra rossa è dissodata, le foglie nascondono tesori, e di là dalle foglie sta il cielo.
Tutto ciò è familiare e remoto, infantile a dirla breve, ma scuote ogni volta, quasi fosse un mondo. (…) 
Solamente un ragazzo la conosce davvero; sono passati gli anni, ma davanti alla vigna l’uomo adulto contemplandola ritrova il ragazzo.”

(Cesare Pavese)

Incontro Marco Caprai in vigna, nella sua vigna. E davanti ai filari ancora macchiati dai colori dell’autunno mi accorgo che mentre la contempla, l’uomo e l’imprenditore, come nel racconto di Pavese, ritrovano immediatamente il ragazzo. C’è orgoglio per questo importante traguardo, per questo “numero tondo” come lo definisce lo stesso Marco, ma c’è anche e soprattutto emozione.
E tante storie che hanno attraversato questi filari.

Marco, cosa rappresenta Arnaldo Caprai 50?

Ho un po’ la fissa dei numeri io!
Ma sono anche convinto che gli appuntamenti vanno celebrati. Gli appuntamenti fanno bene, intorno agli appuntamenti si mettono in moto tante energie. E poi 50 anni sono un periodo lungo per un’impresa in Italia!
Nel nostro caso questa ricorrenza coincide anche con i 50 anni del territorio di Montefalco. È proprio intorno al 1971, 1972 che un piccolo gruppo di imprenditori, spesso non agricoltori, diede vita alla rinascita di questo territorio sull’onda della nascita delle DOC e dell’arrivo dei fondi della Comunità Europea per il recupero delle attività agricole nelle campagne dopo lo spopolamento e l’abbandono delle terre dovuto all’urbanizzazione e alla nascita delle fabbriche.

Cos’era negli anni ’70 l’azienda Caprai?

Era un’azienda agricola mezzadrile tipica dell’Italia centrale a più coltivazioni: c’era una piccola vigna, c’erano gli animali, il seminativo, l’erba medica…c’era una famiglia mezzadra che voleva andare via. Il proprietario era un signorotto molto facoltoso di Milano, proprietario di molti cinema, ricordo che arrivava a Foligno con la Rolls Royce e l’autista! Papà (Arnaldo Caprai, fondatore dell’azienda, ndr.) che ha  sempre avuto l’attitudine imprenditoriale e una visione ampia ed ambiziosa, acquistò l’azienda agricola con l’idea di produrre vino anche se di vite ce ne era veramente poca.
Quindi alla fine del 1971 mise a dimora il primo grande vigneto di Sagrantino e abbiamo iniziato questa avventura!

Il Sagrantino ha un’origine molto antica, ben documentata a partire dal XV secolo e legata agli insediamenti religiosi di Montefalco presso i quali il vitigno veniva coltivato (l’origine del nome “Sagrantino” si presuma venga dal latino Sacramentum in relazione all’uso cerimoniale che ne veniva fatto ndr.) e fu anche ritratto da Benozzo Gozzoli in una delle scene dello splendido ciclo di affreschi della Chiesa di San Francesco a Montefalco…

Montefalco non è una città qualunque. E’ un luogo eccezionale, non banale, che racconta storie bellissime.  Come disse lo storico dell’arte Bernard Berenson salendo a Montefalco “…non puoi non restare stregato dal colore del suo cielo” magistralmente ritratto dal Gozzoli, dalla sua luce magica, dai suoi verdi, dai suoi blu…

1. Marco Caprai di fronte al dipinto “Madonna della Cintola” di Benozzo Gozzoli conservato pressi i Musei Vaticani, in mostra nel 2015 presso il Museo di Montefalco grazie anche al sostegno dei produttori di vino di Montefalco. Foto di Giovanni Picuti
2. L’abside della Chiesa di San Francesco a Montefalco affrescata da Benozzo Gozzoli

La fama del Sagrantino esisteva già malgrado all’epoca la sua produzione fosse circoscritta all’ambito familiare e raramente superava il confine dei parenti ed amici! Il Sagrantino veniva prodotto con l’uva che rimaneva: veniva lasciata indietro una parte del raccolto, veniva fatta appassire e poi veniva lavorata prima di Natale per essere bevuta a Pasqua come una sorta di “vernaccia”. Non aveva ancora una definizione né vigneti unici, era una parte di quello che i toscani definiranno poi una sorta di Super Tuscan. Qui si produceva il Montefalco Rosso che già, rispetto al contesto regionale degli altri vini umbri, era già un Super Umbrian!
All’epoca, infatti, oltre al Sangiovese tipico delle DOC del momento, c’era il Trebbiano Toscano e una parte di Cannaiolo. Papà invece fin da subito decise di impiantare un vigneto di solo Sagrantino distinguendolo dal Sangiovese e dalle altre varietà.

Un visionario…

Sì, papà ha sempre avuto il dono dell’imprendere e la capacità di guardare lontano.

Se dovessi descrivere tuo padre con poche parole come lo descriveresti?

Papà è un uomo di una straordinaria determinazione.

Ha una grande capacità di intessere e curare relazioni. E’ un uomo che ha sempre dedicato molto tempo al lavoro con una dedizione totale.  Era una società diversa all’epoca: papà si occupava del lavoro, mamma di tutte le incombenze familiari, papà non doveva avere problemi, doveva vivere tranquillo, in una specie di sfera protetta…In famiglia era circondato da una sorta di aurea di santità! Il tempo che riusciva a dedicarci non era moltissimo. Però mi portava allo stadio! Da ragazzino ho visto tutti campionati del Foligno in serie D e poi, quando papà entrò in società del Perugia Calcio, vidi anche tutto il campionato dello storico Perugia in serie B.  Ancora mi ricordo, avrò avuto 16 anni e papà mi aveva mandato in Gran Bretagna a studiare l’inglese (visionario anche in questo…ndr.)  quando mi chiamò e mi disse che avevamo comprato Paolo Rossi! Poi io ricambiai il favore portandolo a Wimbledon a vedere la finale di quello che sarebbe stato l’ultimo campionato vinto da Borg contro McEnroe!

Quando è che Marco entra ufficialmente nella Cantina Caprai?

Ho iniziato ad occuparmi dell’azienda nel 1987. Già negli anni precedenti avevo iniziato a bazzicare… mi piaceva assaggiare i vini, andare nei ristoranti di un certo livello, provare a presentare i vini, ma non era facile vendere vino in quel tempo. Il metanolo agli inizi degli anni ’80 cambiò un po’ le cose e soprattutto cambiò la visione del vino che si cominciò ad apprezzare anche in termini di valore. Tutti i ristoranti che fino a quel momento avevano venduto vino sfuso furono in qualche modo costretti a convertirsi al vino in bottiglia. Il vino imbottigliato divenne sinonimo di qualità e prestigio, l’elemento che differenziava la trattoria o l’osteria dal ristorante di un livello superiore. Quello fu il periodo in cui nacque la prima vera cantina Caprai, che già a quel tempo aveva un’impostazione più industriale che agricola. Lì iniziai ad occuparmene in maniera più assidua: capii che non eravamo troppo in ritardo rispetto alle altre Regioni, o rispetto alle Denominazioni che avevano un valore commerciale più importante ma, leggendo Veronelli, che all’epoca era uno dei pochi che scriveva di vino, entrai in contatto con concetti come qualità, selezione globale, piccole varietà, territori, enologia e iniziai a seguire questa traccia. Veronelli aveva una capacità straordinaria di vedere oltre e aveva capito che il vero valore aggiunto per fare il salto di qualità erano la terra ed i territori. Diceva sempre che “I francesi facevano vini d’oro con uve d’argento e noi italiani invece facevamo vini d’argento con uve d’oro”

Una volta però mi sono trovato a discutere animatamente con Veronelli: in un Catalogo dei vini Veronelli  scrisse che il Sagrantino non aveva nessuna capacità di invecchiamento.

Gli dissi che bisognava capire quale era il Sagrantino che aveva assaggiato!

Da quello che racconti sembra che il tuo impiego nell’azienda sia stato un fatto naturale, quasi ineluttabile… Non hai mai avuto dubbi a riguardo? 

Convivere con mio padre non è stato sempre facile! Lui aveva, ed ha tuttora,  le sue idee. Ha sempre avuto le idee molto chiare sia nell’ambito della casa che del lavoro. A me ha lasciato fare quindi ho avuto la fortuna di poter tracciare la mia strada. Ma sono sincero, non so se sarebbe avvenuta la stessa cosa se avessimo lavorato fianco a fianco!

Arnaldo Caprai, fondatore dell’Azienda Caprai, e Marco durante un momento delle celebrazioni “Caprai 50”

Come è avvenuto il passaggio di consegne tra te e tuo padre?

Molto semplicemente. Mi ha portato a Vinitaly per la mia prima volta e se ne è andato! Avevo 23 anni, non conoscevo nessuno, ho pensato: “O imparo a nuotare o affogo!”

Hai imparato a nuotare…

Si! Ho iniziato un percorso… Prima mi sono documentato leggendo, assaggiando i vini e viaggiando molto per vedere cosa accadeva fuori da qui. Poi ho iniziato una fase di ricerca per cercare qualcuno che potesse lavorare e sviluppare al meglio la viticultura secondo le regole della Qualità : siamo passati nel breve periodo da 500/800 piante per ettaro che era il sistema di coltivazione standard qui a Montefalco, alle 7000/8000!

Alla fine degli anni ’80 una coltivazione così intensiva era una cosa abbastanza stravolgente: le persone, ironizzando, andavano da mio padre a dirgli che piantavamo viti come pomodori!

Quale fu la vera svolta dell’Azienda Caprai?

Il cambio della forma di viticultura.
Come Direttore del neonato Consorzio di Tutela, su suggerimento di Veronelli, contattai il Prof. Attilio Scienza, ancora oggi Presidente del Comitato Nazionale dei vini D.O.C.
All’epoca si stava discutendo la nuova legge delle Denominazioni sotto l’egida del Ministro Calogero Mannino. Scienza non si presentò alla riunione convocata a Montefalco, con grande disappunto di tutti noi, ma mandò il suo stretto collaboratore, il Prof. Valenti, con cui ancora oggi abbiamo una stretta collaborazione e con il quale cominciammo a ragionare su un progetto di selezione clonale.

Al tempo parlare di “selezione clonale” sembrava una follia. Ricordo che il Prof. Montedoro, Direttore del Dipartimento di Industria Agraria di Perugia, a cui illustrai l’idea , mi disse le seguenti parole:

“Lascia stare, il Sagrantino non ha nessuna valenza economica”

Essendo comunque riusciti a farci intestare un finanziamento ministeriale, avviammo il progetto quinquennale di cambio di viticultura: facemmo un “capitozzamento” dei vecchi vigneti, li riducemmo a forme non espanse e nel 1991 iniziammo a vendemmiare a settembre (e non più “dopo i morti” come accadeva fino ad allora!) che guarda caso era lo stesso periodo in cui avveniva la vendemmia a Montefalco intorno al 1500 secondo gli antichi Statuti Comunali.
A dimostrazione che i fili della Storia sono lunghi e alla fine si riannodano tutti…

Dettaglio di un episodio del ciclo di affreschi “Storie della vita di San Francesco” di Benozzo Gozzoli, 1452, conservato presso il Museo di San Francesco a Montefalco: il vino rosso ritratto sulla tavola del del Signore di Celano allude forse al Sagrantino

Che cos’è l’Azienda Agricola Caprai oggi?

E’ una azienda che produce vino. Ed è un’azienda che vive dentro al suo Territorio.

Ed un’azienda, mi permetto di aggiungere, che è andata ben oltre il ruolo di una semplice azienda agricola, riuscendo a dare una forte spinta di valorizzazione culturale e turistica a tutto il territorio di Montefalco- e non solo- con un approccio ed una visione sempre avanguardista.

Come ultima domanda chiedo chi è Marco, l’uomo oltre la vigna.

Mi risponde con la naturalezza dell’uomo tornato ragazzo:

Un uomo a cui piace fare questo mestiere.

Quello che lui chiama “mestiere” è un mondo straordinariamente complesso che richiede tanti saperi: dal settore agricolo primario, al settore secondario, al terziario più avanzato (arte, turismo, enogastronomia, marketing, attenzione al consumatore, sostenibilità…) fino ai saperi, finanziari e di management, legati al governo aziendale. Tutto questo fa di questo mestiere un laboratorio unico che incrocia inevitabilmente il destino di un territorio di cui in qualche modo finisci col sentirti in parte responsabile.

E Marco questo lo sa bene.

Per celebrare i suoi primi 50 anni la cantina Caprai ha presentato un’edizione limitata di Montefalco Sagrantino Docg, con una preziosa etichetta celebrativa da collezione in oro zecchino, firmata dall’artista Paolo Canevari e realizzata dall’antica azienda fiorentina Giusto Manenti Battiloro. La foglia d’oro che diventa etichetta riveste 2.400 bottiglie ispirandosi alla tavola dello “Sposalizio mistico di Santa Caterina d’Alessandria” di Benozzo Gozzoli, a sottolineare ancora una volta l’indissolubile e profondo legame con la sua città, Montefalco, e i suoi tesori.

Al termine della nostra lunga chiacchierata, si alza e mi invita a bere un bicchiere del suo vino.

Mentre passiamo di fronte alla grande vetrata che scopre le vigne, il suo sguardo si illumina ancora una volta e mi sembra di scorgere lo stesso sguardo visionario con il quale Arnaldo, fondatore e capostipite dell’Azienda, un giorno guardò quei terreni agricoli promiscui e incolti e vide il futuro.